Nymphetamine

cold blood in icy veins

Month: October, 2014

Fuck it all, I came from nothing.

( you can’t last forever )

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Brindo al colore blu, in questa giornata fredda di fine ottobre. Brindo al colore che fa sentire a casa, a quella sfumatura colorata che trasmette pace e che non mente. No. Gli occhi azzurri non mentono mai. Non ne sono capaci. Brindo al color cioccolato, in questa fredda giornata di fine ottobre. Brindo al colore che fa male, a quella sfumatura golosa che si scaglia tra organi convulsi e che mente ogni giorno. Gli occhi color cioccolato hanno imparato ad amare, in qualche modo, lo hanno fatto e mentono, continuano a farlo nel silenzio di gesti che si possono vedere e non sentire. Brindo alle piccole vittorie, a quei sorrisi strappati da perfetti sconosciuti e brindo all’obiettivo in persona che ha portato la mia strada sulla retta via. Brindo ai miei errori. Al fallimento più grande ora che è lontano. Brindo a quel noi che vive e respira di illusione; alzo il calice invisibile dell’amarezza, rabbiosa. Non parli e fai tutto ciò che ti avevo detto di fare perché fiduciosa nelle tue capacità, mentre riponevo nel tuo cuore una parte del mio cuore. In te ho riposto non solo un lato, ma tutta la mia persona, chiedendoti riparo da sbagli e delusioni. Chiedendoti sostegno da conquiste e felicità.  Brindo agli occhi stanchi e non più aridi, alle lacrime salate bevute e non più trattenute per il risentimento, per le scuse che in ginocchio porgo nonostante tutto, sebbene non sia mai stata colpa mia, brindo al perdono che ti chiedo, da sola e in silenzio, guardandoti in foto con un sorriso. Brindo al mio chiederti scusa, se ancora oggi in un cumulo di difetti e indifferenza, resti il mio più grande orgoglio.

Segreta eros.

Dell’alito fresco ne sento il profumo come se lo conoscessi e lo conosco l’alito della voce feroce e voluttuosa che parla e tace e parla di nuovo senza sosta come una macchina in corsa: un rombo nella silenziosa notte; dell’odore pungente ne sento la presenza sulla pelle mai andato via e lo conosco l’odore del corpo a memoria tra solchi di una morta mente che pensa e si spegne nel mezzo di ricordi a senso unico.Lo riconosco e l’afferro guardinga, nel desiderio funesto mentre tutto (non) accade e il tuo odore fa male al cuore.

It doesn’t take a lot of strength to hang on. It takes a lot of strength to let go.

Tra le mani stringo il nulla. L’invisibile niente che lento si è dimenato tra le fibre del corpo, e tra i sospiri più disparati. Tra le parole di buon augurio e i sussurri mai rivelati al vento. Tra le mani stringo il nulla. L’invisibile niente che lento si è fatto strada dalla mente al cuore in una macchia cieca che solo si fa sentire. E urla, a gran voce, di lasciarti andare. Di mollare la presa una volta per tutte prima che sia troppo tardi. Fare un passo indietro per altri due in avanti: prima o poi; e urla, a squarciagola, di separarmi da te. Di mollare le tue difese una volta per tutte, prima che mi perda nella tua mente: ho già perso lucidità. E urla, ancora, a perdifiato, di cacciarti via, barbarico, prima che giunga al punto di non ritorno. Ma lui non sa, no. Non sa che tra bianche dita stringo sentimenti in frantumi.

Metamorphosis.

«Lo ricordo perfettamente: il dolore al petto che lentamente risaliva su per la gola, nauseabondo e viscerale. E saliva e scendeva, schiacciando contro lo sterno, mettendomi paura. Angoscia. Lo ricordo perfettamente: il giorno in cui, alzando gli occhi al cielo, dopo aver chiuso una porta allora insignificante, avevo giurato a me stessa che non avrei percorso quella strada. Per nessuna ragione al mondo. Lo avevo giurato, senza conoscere. Senza sapere a cosa andavo incontro. Eppure le cose non sono andate secondo i piani e ancora tutti gli ostacoli da superare, senza realizzare che la mia strada aveva un paio di occhi azzurri color del cielo e il sorriso più bello al mondo.
Lo ricordo perfettamente: la sensazione di perdita, durata una vita senza quello sguardo chiaro. Ma i piccoli gesti di ogni giorno, le piccole o grandi scelte. Quelle erano importanti. Lo ricordo perfettamente: il sorriso davanti allo specchio per la voglia rinata di andare avanti, fare passi uno dopo l’altro convincendomi che sì, quello era il sentiero giusto da percorrere. La mia prima cosa bella. Un fagotto di quindici anni e dal profumo di eterno bambino, la cui pelle morbida scaldava il mio cuore. E ancora lo fai, anche se non lo sai, ancora scaldi questo gelido fuori, riparandolo dalle ferite che continuano ad aprirsi, ora dopo ora, senza sosta. Con te ho imparato che le cose belle esistono. Che si può sorridere anche quando tutto sembra andare storto. Me lo hai insegnato tu. Con i tuoi continui giochi, e la continua ricerca verso me, pur di starmi vicino anche quando non potevi. Ti ho amato in quel momento. In quell’istante ho capito che gli occhi non avrebbero mai mentito e che di essi mi sarei dovuta fidare. Sempre. In quel momento mi sono innamorata di te, ragazzino spensierato che pizzicava se stesso ma non mi ha mai fatto male. In quel momento mi hai insegnato ad essere amica, mi hai insegnato ad essere amante.»

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«Ma sai una cosa bella l’ho incontrata. L’ho conosciuta»
«E come è?»
«Bella»
«Bella come?»
«E’ bella da trasmettere pace»
«E la tieni con te?»
«Vorrei»
«Come si chiama»
«Non ha nome»
«Deve avere un nome»
«Perché?»
«Tutte le cose belle devono avere un nome»
«Ma non lo sai? A pronunciarle le cose belle spariscono»
«Non è vero. Le cose belle scompaiono se sei tu a volerlo»
«Mh.»
«Come si chiama»
«Non te lo dico»
«Ma è tanto bella?»
«E’ così bella che sta sbiadendo. Pian piano, scompare.»

Send me to Hell.

( ma sei quell’amore che dissecca )

(…) e le mie lacrime non escono perché non ho il coraggio di perdere ancora. Capitare a piè pari su queste parole, come se il Destino mi avesse condotto da loro, nel bel mezzo di una poesia che sembrava essere frutto della mia mente ma che in realtà non la era. Leggere di quelle parole e sorridere, nel mezzo del periodo nero che sembra persistere. E sorridere, di nuovo, perché qualcuno ha avuto il coraggio di raccontare cosa è in verità la vita, cosa sono realmente i sentimenti al posto di qualcun altro. Al posto mio. Ringrazio pubblicamente l’autore: mai parole furono più decise e sensibili. E le mie lacrime non escono perché non ho il coraggio di perdere ancora: non ho mai avuto la possibilità di vincere con te.
Chissà forse non me ne hai mai dato l’occasione, per quanto io mi sia impegnata, per quanto tu fossi sincero all’inizio – mi piace pensare alla tua onestà – non ho mai avuto una sola chance con te. L’ho sempre saputo ma ho preferito giorno per giorno nascondere la testa sotto la sabbia per non soffrire. Perché vivere nell’illusione che tutto stesse andando come doveva andare era bello, era piacevole. Ma ho sempre giocato, perdendo in partenza. Mi manca, sai? Il coraggio. Di rincorrerti ancora, misera la mia persona, quando qualcuno sempre presente ostinatamente dice che dovrei scegliere una volta per tutte: ed io lo ascolto, mi siedo e leggo o mi siedo e lo guardo dritto negli occhi pensando alla fortuna che ho ad averlo accanto. Non merito tutto questo. Dice di scegliere quando ancora mi trovo in un limbo dal quale uscirne risulta difficile. E così mi stacco, mi allontano, stacco la spina del mio cervello – se ancora ne ha una – spostandomi altrove per non vederti. Per far passare i giorni più velocemente. Senza vederti, senza la tua vicinanza. Ma torni come un fulmine a ciel sereno e colpisci. Colpisci ancora, spari a zero su me e su tutto quello che c’è da toccare o infangare, come se non avessi fatto abbastanza. Parli. Ancora parli del tutto e taci del niente, come se tutto fosse lecito. Non è così. Hai trascorso mesi, sono trascorsi mesi, in cui hai calpestato la mia persona a tuo piacimento, senza badare al risultato. Hai parlato, di nuovo. Senza pensare, come tuo solito, a come si scatenano le conseguenze delle tue azioni.

( ma sei quell’amore che inaridisce ) 

Soffia via quel che rimane di un qualcosa che non c’è
scarta l’involucro
pellicola d’indifferenza che ti avvolge ancora vestito d’abiti spogli
chiama
chiama il mio nome
e cammina
da solo
nudità egoista
corri
dà fuoco all’inutile partenza
invisibile passaggio
quando vuoi una me immobile
ferma a guardare
mentre guardo
l’anima tua assassina
mentire alla mia: vittima.

Sospiri e non capisci. Che la tua voce è eco troppo vicino agli orecchi. Sospiri e non capisci. Che le tue parole hanno un peso. Non capisci che le tue frasi sono lame che tagliano e le tue labbra concedono a questo corpo stanco solo colpi ben assestati. Sospiri e non capisci che continui a farmi male, quando in ginocchio chiedo solo di avere, per me, pietà.

( ma sei quell’amore che uccide )